La politica sul consumo del suolo

Il tema di consumo di suolo incontrollato si lega alla presenza di una pubblica amministrazione debole e con strumenti inadeguati. In questi ultimi 15 anni la politica e l’amministrazione si sono affidate alla deregulation normativa invece di innovare gli strumenti rispetto alle mutate fasi storiche. E’ stato perpetrato lo smantellamento delle regole e il depotenziamento degli strumenti, introducendo tra l’altro elementi distruttivi quali la perequazione diffusa e i diritti edificatori. Le recenti leggi urbanistiche regionali hanno di fatto codificato il principio di subalternità della pubblica amministrazione rispetto all’interesse privato. In nome di un’alterata percezione dell’innovazione e dello sviluppo sono stati malamente negoziati progetti urbanistici quasi mai ancorati a strategie territoriali identificabili, condivise e attuali. L’enorme stock di risorse edilizie in eccesso nel nostro paese, documenta la totale assenza di una regia pubblica nello sviluppo urbano, con costi sociali ed ambientali elevatissimi. Le quantità di invenduto, dismesso, sotto-utilizzato sono tali da non poter giustificare un contingente problema di “flessione del mercato immobiliare” ma costituiscono uno strutturale elemento di crisi e di pericolosità del sistema economico e territoriale.

In questa fase, il dimensionamento e il calcolo della capacità insediativa di un Piano sono stati banditi e considerati pratiche obsolete, evocatrici di una cultura della pianificazione dirigista e anche un po’ sovietica. Al contrario, “sovradimensionare” aree edificabili significa regalare rendite potenziali non giustificate e incentivare lo spreco di risorse territoriali.

Contrariamente alla sfera della pianificazione urbanistica, il territorio è investito da interventi straordinari di grande impatto, legati soprattutto a infrastrutture per la viabilità e le reti tecnologiche.

L’insieme di questi interventi, governati con logiche impermeabili ai concetti di copianificazione e coordinamento, documenta l’esistenza di agenti del cambiamento territoriale, separati, autonomi ed efficaci con una ampia disponibilità di risorse economiche rispetto al pubblico. A questi grandi interventi si aggiunge una copiosa produzione di piccole infrastrutture nate per contrastare il congestionamento da traffico. Queste alimentano una tradizione che non ha quasi mai trattato in modo integrato i rapporti tra modelli insediativi e mobilità e che finisce per erodere ingenti quantità di suolo, anche per gli effetti secondari derivanti dalle mutate condizioni di accessibilità che esse generano.